Eccoci qua. Si chiude. E quando si finisce c’è
sempre quella strana sensazione di profonda tristezza da ultimo capitolo,
ultime pagine, ultime righe di un bel libro, bel racconto, di una meravigliosa
favola, di un qualcosa che ti ha preso, che ti è piaciuto e non vorresti
finisse mai. È l’Olimpiade. Unica nel suo genere, nel far conoscere,
nell’aggregare, nel trionfo, nella sconfitta, nelle emozioni. L’Olimpiade è
unica, è una bella favola che lascia sempre alle sue spalle tutto ciò che la
circonda prima per farti entrare nella narrazione poi. Mai come stavolta si
partecipa nelle immagini, si riesce a carpire ogni singolo respiro, ogni minimo
movimento, attimi indimenticabili che fanno parte del sogno di ogni atleta,
quel sogno lo percepisci, lo catturi, lo rubi, e vieni rapito da tutto ciò che
è un gesto sportivo, da una concentrazione prima del via con occhi persi nel vuoto,
all’azione precisa e a tutto ciò che è una conclusione brutta o bella, che sia
delusione o sorriso che sia urlo di disperazione o di gioia. È sempre quella
commozione poi il coronamento di soddisfazioni interiori che si trasforma in
lacrime. Si ha sempre la sensazione di scrivere e raccontare le stesse cose,
sarà così ma non è vero, qui abbiamo capito il coesistere tra la conferma del
vecchio campione e il nuovo che avanza, tra l’aumentata bellezza dei ragazzi
che ben s’inserisce nel panorama di magiche montagne, nel passaggio repentino
tra il sole, la pioggia e la neve, nell’affermazione di sport mai conosciuti e
discipline nuovamente amate, un grande piacere che ci ha fatto dimenticare,
proprio con tutto ciò, delle preoccupazioni della vigilia, e di tutto il resto,
per poi risvegliarci con una vittoria per un pensiero diverso. Sono valori,
storie, e come detto, favole. E come tutte le favole, hanno un lieto fine, un
qualunque abbraccio, un qualunque volto, per un qualunque semplice e
coinvolgente sorriso. La conclusione di un magnifico racconto Olimpico.
Grazie Giovanni, Grazie Sky.
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