Sir Alex Ferguson |
Inchinarsi è il minimo che si possa fare, ma ogni amante del
calcio lo dovrebbe concedere di fronte ad uno degli uomini più importanti nella
storia di questo straordinario sport, come il calcio, Sir Alex Ferguson. Ora che la festa per
la vittoria e per l’addio del manager è stata completata (è stato lui ad alzare domenica l'ultimo trofeo della sua carriera), è giusto trarre delle
riflessioni. Sono state riempite molte pagine in questi giorni dei giornali di
tutto il mondo, ma mai nessuno sarà stanco di leggere e rileggere commenti,
pensieri che lo possono riguardare da qui in avanti, perché provate a togliere
questo fenomeno che la natura ha donato al calcio, e vi accorgerete che una bella
parte del vostro album dei ricordi calcistici si svuota completamente. 26
stagioni con i Red Devils, dal 1986 al 2013, più di 1500 partite, 38 trofei
vinti di cui 13 Premier League, 2 Champions League, 1 Coppa delle Coppe, 1
Supercoppa Europea, 2 Coppe Intercontinentali, 5 FA Cup, 4 Coppe di Lega, 10
Community Shield precedute da 4 Campionati scozzesi, 4 Coppe di Scozia, 1 Coppa
di Lega, 1 Coppa delle Coppe e 1 Supercoppa Europea. Vi bastano? Numeri che non
rendono l’idea completa della grandezza di colui che nel 99 ricevette il titolo
di Sir, ma va aggiunta la sua idea di calcio, sempre offensiva, propositiva,
capace di cambiarla ed adattarla a seconda dei giocatori a sua disposizione, non solo, perché ha saputo vivere due ere calcistiche nelle quali molte cose
sono cambiate e in cui era necessario "aggiornare" le proprie idee; la sua umiltà, dentro e fuori dal
campo, un signore capace di esultare ad una vittoria senza mai infierire sull’avversario,
e di fronte ad una sconfitta bersi anche un bel bicchiere di vino con l’avversario,
come lo stesso Carlo Ancelotti ha testimoniato, quasi a voler dare al calcio
una sfumatura del bello del rugby; ma capace anche di non sottovalutare
nessuno, più di una volta è stato visto ad osservare squadre di quarta o quinta
serie che avrebbe poi incontrato nei vari turni di FA Cup e Coppa di Lega; il
suo saper lavorare con i giovani, coccolarseli nella seconda squadra finchè
fossero pronti al grande salto, per poi lanciarli nell’olimpo del calcio
insieme a quei vecchietti in campo, i vari Giggs, Scholes o Neville, che
incarnavano esattamente l’espressione perfetta che ci vuole per accogliere i
nuovi del settore giovanile, insegnatagli dal loro maestro Alex Ferguson; non
ultima la capacità manageriale di gestire un club, ha fatto tutto lui, i
direttori sportivi in Gran Bretagna non sanno nemmeno cosa siano, e quindi l’allenatore
non deve solo saper allenare, ma spendere, e gestire un bilancio societario, e
lui l’ha fatto in maniera perfetta vincendo, portando campioni che hanno
segnato la storia del calcio ma sempre rimanendo dentro certi parametri societari sia
economici che morali. Ora Ferguson lascia il Manchester United nel momento che
viene meglio definire perfetto: ha vinto l’ennesimo titolo nazionale, l’età
media della squadra e la qualità della rosa dei Red Devils sono ottimi per il
futuro e lo stadio è ancora un luogo sacro del calcio per tutto il mondo. L’impressione è che termini un regno davvero grande, come scrive lo stesso Mirror “Niente dura
per sempre e anche i regni più grandi devono arrivare alla fine”, difficile
pensare a qualcuno che possa durare su una panchina quanto lui e che possa
vincere quanto lui; intanto Sir Alex Ferguson rimarrà nel mondo del calcio sempre
col Manchester United come dirigente e ambasciatore del club nel mondo. Nel frattempo che il mondo è impegnato nel ringraziarlo e nello spendere parole d’onore nei
suoi confronti, da una parte all’altra della terra continua a rimbalzare la frase
più celebre del momento: “Thank you Sir!”
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